Viene comunemente chiamata età dell'Universo il tempo passato tra il Big Bang e il giorno d'oggi. Le osservazioni attuali suggeriscono che quest'età sia di circa 13,82 miliardi di anni; le stime precedentemente accettate convergevano intorno a 13,72 miliardi di anni, con un'incertezza di circa 120 milioni di anni. La gamma di incertezza viene ottenuta dall'accordo di un certo numero di ricerche scientifiche. Varie misurazioni consentono di stimare accuratamente l'età dell'universo. Queste includono le misure della radiazione cosmica di fondo e dell'espansione dell'Universo. Le misure della radiazione cosmica di fondo considerano il tempo di raffreddamento dell'universo a partire dal Big Bang. Gli studi dell'espansione dell'universo permettono di calcolare una data probabile di inizio della suddetta espansione. Non conoscendo ciò che precedette il Big Bang, l'effettiva "età dell'Universo" potrebbe essere maggiore di quanto non si stimi al giorno d'oggi. Il progetto Wilkinson Microwave Anisotropy Probe (WMAP) della NASA ritiene che l'età dell'universo sia di: (13,72 miliardi di anni, con un'incertezza di ± 0,12 miliardi di anni). Quindi, l'universo ha un'età di circa 13,72 miliardi di anni, con un margine di incertezza di 120 milioni di anni. Comunque questa età è basata sull'ipotesi che il modello sottostante del progetto sia corretto; altri metodi di stima dell'età dell'universo potrebbero dare differenti età. Considerando, per esempio, un ambiente iniziale con un numero extra di particelle relativistiche, si possono allargare i margini di errore del vincolo di WMAP di un ordine di magnitudine. Questa misura è fatta usando la posizione del primo picco acustico nello spettro di energia della radiazione cosmica di fondo per determinare la grandezza della superficie di decuplicazione (la taglia dell'universo al momento della ricombinazione). Il tempo di viaggio della luce verso questa superficie (dipendente dalla geometria usata) conduce ad una verificabile età dell'universo. Assumendo la validità dei modelli usati per determinare questa età, la precisione residua conduca a un margine di errore vicino all'uno per cento. Questo è il valore maggiormente stimato dagli astronomi. Il calcolo dell'età dell'universo risulta accurato solo se le ipotesi che vengono usate nel modello per stimarlo sono esse stesse accurate. Questo si riferisce a priorità forti e essenzialmente implica l'eliminazione dei potenziali errori nelle altre parti del modello per rendere la precisione degli attuali dati di osservazione direttamente nel risultato conclusivo. Sebbene questa non sia una procedura valida per tutti i contesti (come si nota nella nota basata sul fatto che si assume che il modello sottostante usato è corretto), l'età data è così accurata verso l'errore specifico (in quanto questo errore rappresenta l'errore nello strumento usato per raccogliere l'input dei dati grezzi nel modello). L'età dell'universo basata sul miglior adattamento ai soli dati del WMAP è 13,59 ± 0,13 miliardi di anni (l'estremo valore superiore di 13,72 include alcuni altri dati mischiati a questi). Questo numero rappresenta la prima misurazione diretta accurata dell'età dell'universo (altri metodi di solito implicano la legge di Hubble e l'età delle stelle più vecchie negli ammassi globulari, eccetera). È possibile usare metodi differenti per determinare lo stesso parametro (in questo caso l'età dell'universo) ed arrivare a differenti risposte senza ricadere negli errori. Per evitare meglio il problema, è di uso comune mostrare due insiemi di incertezze; uno relativo all'attuale misura e l'altro relativo agli errori sistematici del modello usato. Questo qualifica una incertezza nella precisione della misura dovuta al particolare modello usato. L'età dell'universo però ci dà la stima della regione di spazio che è possibile osservare dalla Terra e che ha per centro la Terra stessa, ma ogni posizione nello spazio possiede il suo universo osservabile.
Se l'Universo non fosse in continua espansione, il raggio dell'universo osservabile sarebbe pari alla distanza percorsa dalla luce nell'arco di tempo trascorso dall'inizio dell'Universo (l'età dell'universo), cioè l'orizzonte dell'universo osservabile sarebbe posto a circa 13,8 miliardi di anni luce; poiché però l'universo si sta espandendo continuamente, la distanza effettiva di questo orizzonte è più grande: una radiazione elettromagnetica partita 13,8 miliardi di anni fa che giungesse ora ad un osservatore sarebbe relativa a una sorgente che nel frattempo si è allontanata dall'osservatore a causa dell'espansione. Alcune stime ipotizzano che lo spazio si potrebbe essere espanso per circa 46,5 miliardi di anni luce . Sulla base di questa stima, il diametro della sfera dell'universo osservabile sarebbe pari a 93 miliardi di anni luce; il volume di questo spazio sferico è pari a circa 500.000 miliardi di miliardi di miliardi di anni luce cubici; queste dimensioni potrebbero contenere circa 70.000 miliardi di miliardi stelle, organizzate in circa 2.000 miliardi di galassie (duemila miliardi, secondo una stima effettuata nel 2016); questa stima darebbe una media di 3,5 miliardi di stelle per ogni galassia. Le galassie sarebbero agglomerate in gruppi e ammassi di galassie e superammassi. Osservazioni condotte col telescopio spaziale Hubble suggeriscono un numero medio di galassie ancora maggiore. L'espansione risulterebbe in accelerazione, motivo per cui vi è un limite all'universo osservabile, delimitato dall'orizzonte cosmologico, cioè la regione dell'universo oltre il quale ogni oggetto si allontana dall'osservatore a velocità maggiori della luce, tale orizzonte oggi è pari a 46,5 miliardi di anni luce. Questo orizzonte corrisponde quindi alla distanza massima con cui si può più avere contatto causale, cioè non esisterà mai la possibilità di osservare o scambiare alcun segnale o informazione generato d'ora in avanti con regioni oltre l'orizzonte, cioè in pratica escono dalla realtà dell'osservatore e quindi, di fatto, "al di fuori" del "suo universo". Vi è da chiarire che sebbene oggetti oltre l'orizzonte cosmologico si allontanino dall'osservatore a velocità maggiori di quelle della luce questo non risulta in contrasto con la Relatività di Einstein, infatti quest'ultima proibisce qualsiasi movimento a velocità superluminali nell'universo e non pone alcun limite sull'espansione di quest'ultimo.